Controlli senza formalità su colf e badanti

Chi voglia installare una telecamera in casa propria, frequentata da personale domestico, non dovrà richiedere la preventiva autorizzazione all’installazione di un impianto di videosorveglianza, perché in tal caso non si applica lo Statuto dei lavoratori (legge n. 300/1970). Tuttavia, poiché anche i lavoratori domestici godono appieno del diritto alla privacy, è necessario informarli e ricevere consenso. A precisarlo è l’Ispettorato nazionale del lavoro, nella nota prot. n. 1004/2017, secondo quanto scrive Italia Oggi. Le precisazioni arrivano a risposta di un quesito formulato all’Inl, in merito alla possibilità di autorizzare l’installazione di un impianto di videosorveglianza da collocarsi in un’abitazione privata all’interno della quale è presente un lavoratore domestico. Come prima cosa, l’Inl fa presente la «specialità» del lavoro domestico, il quale ha una propria fisionomia dettata dalla legge n. 339/1958, che lo definisce quale «attività lavorativa prestata esclusivamente per le necessità della vita familiare del datore di lavoro (art. 1, legge 339/1958), che ha per oggetto la prestazione di servizi di carattere domestico diretti al funzionamento della vita familiare». In secondo luogo l’Inl evidenzia che anche la Corte Costituzionale ha affermato la specialità del lavoro domestico, sostenendo che «non v’è dubbio che il rapporto di lavoro domestico per la sua particolare natura si differenzia, sia in relazione all’oggetto, sia in relazione ai soggetti coinvolti, da ogni altro rapporto di lavoro: esso, infatti, non è prestato a favore di un’impresa avente, nella prevalenza dei casi, un sistema di lavoro organizzato in forma plurima e differenziata, con possibilità di ricambio o di sostituzione di soggetti, sebbene di un nucleo familiare ristretto ed omogeneo, destinato, quindi, a svolgersi nell’ambito della vita privata quotidiana di una limitata convivenza».

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